Pubblico una nota di commento scritta da Giovanna Bentivoglio (editor E/O, Scuola Omero) in seguito alla presentazione di Qualcosa da perdere alla Biblioteca Nelson Mandela di Roma.
Certo, come confessa l’autore, questo romanzo avrebbe potuto essere
un film e sarebbe stato un bel film, ma personalmente preferisco che sia
andata così.
Che Qualcosa da perdere sia un romanzo e un romanzo non
solo riuscito e bello ma denso eppure lieve, originale e profondamente
autentico, dal tono disincantato e ironico di chi davvero vorrebbe
averla qualcosa da perdere e non ce l’ha ( a parte, forse, il tempo). E
questa condizione la condivide con altri occasionali amici e compagni di
avventura o sventura che lo accompagnano e lo circondano e che
coincidono con una generazione di ragazzi tra i venti e i trent’anni che
se ne stanno come appesi a un filo “e il filo- cito Pennac – a quel
punto, ha un prezzo molto alto”. Il filo della precarietà, della
indefinitezza, dell’incertezza, della invisibilità. Ragazzi che non
hanno ombra e che transitano nei luoghi di lavoro, nelle stanze di
appartamenti affittati in comune dalle pareti costellate dall’effimera
quadreria di una genealogia olografica ed evanescente nell’
impossibilità concreta, stabile di lasciare un segno, una traccia, una
qualche scia del loro passaggio.
Eppure Qualcosa da perdere non è, né
vuole essere, credo, un romanzo “generazionale”. Non lo è perché la
densità, la “gittata” se si può dire, della scrittura , il suo slancio
lirico e a momenti capace di sintesi esemplari spostano il perimetro del
racconto, infrangono la dimensione sociologica, eventualmente politica o
antropologica per attingere un livello più ampio e un rango più alto e
significativo, il romanzo di formazione o semplicemente il romanzo nella
sua più autentica natura e inesauribile persistenza, nella sua capacità
di toccare e far vibrare corde non limitate a una generazione o a una
scelta tematica contingente, e che semplicemente producono nel lettore,
di qualsiasi età e non necessariamente situato in una stagione e in un
tempo, quella speciale inconfondibile scintilla del riconoscimento e
della identificazione, una luce che inaspettatamente si rivela e da
inarticolata e ancora indefinita nella mente e nel cuore del lettore si
iscrive come una verità che ora gli appartiene.
Con affetto e profonda convinzione,
Giovanna Bentivoglio
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