domenica 28 febbraio 2016

Giovanna Bentivoglio sul romanzo

Pubblico una nota di commento scritta da Giovanna Bentivoglio (editor E/O, Scuola Omero) in seguito alla presentazione di Qualcosa da perdere alla Biblioteca Nelson Mandela di Roma.


Certo, come confessa l’autore, questo romanzo avrebbe potuto essere un film e sarebbe stato un bel film, ma personalmente preferisco che sia andata così. 
Che Qualcosa da perdere sia un romanzo e un romanzo non solo riuscito e bello ma denso eppure lieve, originale e profondamente autentico, dal tono disincantato e ironico di chi davvero vorrebbe averla qualcosa da perdere e non ce l’ha ( a parte, forse, il tempo). E questa condizione la condivide con altri occasionali amici e compagni di avventura o sventura che lo accompagnano e lo circondano e che coincidono con una generazione di ragazzi tra i venti e i trent’anni che se ne stanno come appesi a un filo “e il filo- cito Pennac – a quel punto, ha un prezzo molto alto”. Il filo della precarietà, della indefinitezza, dell’incertezza, della invisibilità. Ragazzi che non hanno ombra e che transitano nei luoghi di lavoro, nelle stanze di appartamenti affittati in comune dalle pareti costellate dall’effimera quadreria di una genealogia olografica ed evanescente nell’ impossibilità concreta, stabile di lasciare un segno, una traccia, una qualche scia del loro passaggio. 
Eppure Qualcosa da perdere non è, né vuole essere, credo, un romanzo “generazionale”. Non lo è perché la densità, la “gittata” se si può dire, della scrittura , il suo slancio lirico e a momenti capace di sintesi esemplari spostano il perimetro del racconto, infrangono la dimensione sociologica, eventualmente politica o antropologica per attingere un livello più ampio e un rango più alto e significativo, il romanzo di formazione o semplicemente il romanzo nella sua più autentica natura e inesauribile persistenza, nella sua capacità di toccare e far vibrare corde non limitate a una generazione o a una scelta tematica contingente, e che semplicemente producono nel lettore, di qualsiasi età e non necessariamente situato in una stagione e in un tempo, quella speciale inconfondibile scintilla del riconoscimento e della identificazione, una luce che inaspettatamente si rivela e da inarticolata e ancora indefinita nella mente e nel cuore del lettore si iscrive come una verità che ora gli appartiene.

Con affetto e profonda convinzione,

Giovanna Bentivoglio


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